5.5.24

Sondaggio Miglior Film Distribuito in Italia nel 2020 (Come 2020??? Leggete il post, il regolamento e usate la listaaaaaaaaaaa)


 IMMAGINE PRESA DAL SITO CINEFACTS.IT

Il 2020 è stato l'anno del Covid, impossibile dimenticarselo.
Le prime notizie a gennaio, il primo lock down poco dopo e tutto il resto.
Un anno terribile per tutti, praticamente.

Eppure per me è stato "più terribile", per motivi  - personalmente - più importanti del Covid.
E quindi niente, il "famoso" Mega Sondaggio di fine anno saltò.
Quel buco nell'albo d'oro è troppo brutto e allora in tanti mi hanno convinto (ma ero io per primo a volerlo fare) a recuperare tutto.
Sarà un sondaggio diverso da tutti gli altri, perchè fatto 3 anni e mezzo dopo quando doveva esser fatto, perchè la memoria dei film visti è lontana, perchè non ha l'urgenza e la bellezza dei sondaggi degli anni appena trascorsi.
Quindi, e non lo dico per piangermi addosso, secondo me arriverà lontanissimo dagli straordinari risultati dei sondaggi normali (l'ultimo ha avuto 142 votanti...).
Ma sticazzi, lo facciamo lo stesso.

OVVIAMENTE è impossibile che vi ricordiate i film che sono usciti in Italia quell'anno, quindi vi abbiamo preparato una meravigliosa lista con più di 200 titoli.
Ecco, DOVETE usare quella lista per votare, per favore perdeteci 10 minuti e fatelo con attenzione (saltare un film o non ricordarsi un titolo che si è letto è un attimo...).
Perchè tanti di voi, lo so, magari recupereranno classifiche che avevano fatto a fine 2020 per altri siti o anche solo per sè stessi.
Ma è quasi sicuro in quelle classifiche non ci saranno film del 2020 che avete magari poi recuperato i 3 anni successivi (2021, 2022, 2023), film che invece valgono per questa classifica de Il buio in sala.
In più usando questa lista avete la certezza che i film votati siano validi (magari nelle vostre c'erano invece cose del 2020 come distribuzione internazionale ma non per l'uscita italiana).
Quindi, USATE LA LISTA.
Riporto comunque il solito regolamento completo.

IL SONDAGGIO FINIRA' ALLE 23.59 DI DOMENICA 12 MAGGIO


--------- LISTA FILM 2020 (CLICCARE)------

ALBO D'ORO

2016 Il Figlio di Saul
2017 Arrival
2018 Il Sacrificio del Cervo Sacro
2019 Parasite
2020 ??????????????????
2021 E' stata la mano di Dio
2022 Spencer
2023 As Bestas


POTETE VOTARE FINO A 10 FILM, DARO' COME PUNTEGGI 15, 13, 11, 9, 7, 6, 5, 4, 3, 2

NUMERO MINIMO DI FILM VOTATI: 5

POTETE VOTARE ANCHE SENZA GERARCHIA, IN QUEL CASO TUTTI I FILM PRENDONO 6 PUNTI

VALGONO SOLO I FILM USCITI IN ITALIA NEL 2020, CONTROLLATE NELLA NOSTRA LISTA (O SU GOOGLE SE NON PRESENTI NELLA LISTA)

QUESTO VUOL DIRE CHE ANCHE TITOLI USCITI ALTROVE ANNI PRIMA MA DA NOI IN ITALIA SOLO NEL 2020 SONO ASSOLUTAMENTE IN GARA

SE AVETE VISTO IL FILM IN STREAMING ILLEGALE - A PARTE UNA TIRATA D'ORECCHIE - STICAZZI, SE IL FILM HA AVUTO DISTRIBUZIONE IN SALA O PIATTAFORMA NEL 2020 LO VOTATE LO STESSO.
 QUINDI CONTROLLATE CHE TUTTE LE VOSTRE MIGLIORI VISIONI 2020, ANCHE QUELLE FATTE IN RETE, SIANO POI STATE ANCHE DISTRIBUITE (SEMPRE NELLA LISTA)

VALGONO ANCHE GLI ORIGINALI DELLE VARIE PIATTAFORME (NETFLIX, PRIME ETC...) USCITI NEL 2020. ANCHE MUBI ITALIA!

NON VALGONO I FILM VISTI IN DEI FESTIVAL MA POI NON DISTRIBUITI UFFICIALMENTE E, OVVIAMENTE, NEMMENO I FILM CHE FINO AD OGGI HANNO AVUTO VITA SOLO IN RETE 

PREFERIREI CHE METTIATE I VOTI QUA NEL BLOG (dico agli amici di fb) PERCHE' SAREBBERO VISIBILI A TUTTI E, SOPRATTUTTO, NON AVREBBERO LA VOLATILITA' DEI SOCIAL, RESTEREBBERO QUI PER SEMPRE (ma vanno bene ovunque, Guardaroba, Pagina Fb del blog, Telegram, anche col piccione viaggiatore)

10 SE FARETE DEGLI ERRORI VE LO DIRO' NEI COMMENTI. SE NON CORREGGERETE SCALERO' IO ELIMINANDO I TITOLI NON VALIDI

11 AVETE TEMPO PER VOTARE FINO ALLA 23.59 DI DOMENICA 15 MAGGIO (per capirsi quando sta per scattare lunedì)
FINO A QUELLA DATA POTRETE ANCHE MODIFICARE IL VOSTRO VOTO PIU' VOLTE, MAGARI RECUPERANDO QUALCHE FILM!

12 NON VALGONO VOTI ANONIMI!!

13 VI CONSIGLIO OGNI TANTO DI VENIRE A LEGGERE I COMMENTI QUA NEL BLOG PERCHE' POTRESTE TROVARE TITOLI CHE AVEVATE DIMENTICATO O "SALTATO" NELLA LISTA. 

3.5.24

Recensione: "Civil War" - Al Cinema 2024

 

Eravamo in 4 a vedere il film, è piaciuto solo a me.
Questo mi ha portato a riflettere.
Credo che film come Civil War non siano oggettivamente belli o brutti o oggettivamente riusciti o mal riusciti ma tutto dipenda non tanto dal gusto di chi guarda (questo avviene sempre, ovviamente) ma dal punto di vista da dove lo si guarda.
Perchè quest'ultimo film di Garland (autore che amo molto, sia come sceneggiatore che come regista) se lo si giudica per quello che mostra ha tante falle, tante forzature, tante scene poco credibili, una grande prevedibilità di fondo, un senso di "reale" lontanissimo.
Eppure, secondo me, questo è un film da prendere in senso simbolico, un film che lancia un messaggio, e che lo fa nel modo più estremo che può, per farlo arrivare più potente possibile quel messaggio.
E allora tutto è un autentico parossismo, un portare tutto al limite, per raccontare un mondo già morto, ormai freddo e cinico, ormai assuefatto dalla violenza, un mondo senza più pietà ed empatia, in cui vedere e fotografare l'orrore è una semplice abitudine.
E lo fa soprattutto mettendo a specchio i due personaggi femminili, uno che, ormai "svezzato", perde sempre più umanità e l'altro che finalmente si sta svegliando, andando "indietro" rispetto alla disumanità raggiunta nei decenni.
Questa recensione è il mio punto di vista, semplicemente.


Al solito scrivo più di una settimana dopo averlo visto, mannaggia.
(tra l'altro mi sono accorto, guardando il blocchetto, che questi ultimi due anni ho visto ben 15 film di cui poi non ho parlato per niente qui nel blog. Almeno 5-6 di questi ci tengo davvero a rivederli per poterne parlare).
In realtà alla fine tutto questo tempo passato e questi ricordi offuscati - nel caso di Civil War - fanno meno "danni" del solito visto che più che una recensione dettagliata per me parlare di questo film vale soprattutto per un discorso di "approccio" al cinema.
O meglio, per un discorso di "punti di vista" diversi dai quali si può vedere uno stesso film.
Casualmente mi ritrovo a scrivere il giorno dopo aver rivisto il bellissimo Speak no evil, un film diversissimo da Civil War ma che, nel senso espresso qua sopra, gli somiglia moltissimo.
Ovvero un altro film, come questo di Garland, che può essere visto da due "macro-lati", uno quello che mostra, l'altro quello che rappresenta.
Entrambi hanno grandi pecche di realismo, entrambi fanno storcere il naso, entrambi sembrano assurdi e non credibili ma entrambi, a loro modo, vogliono raccontare qualcosa di estremamente simbolico portando al parossismo delle tematiche.
Un parossismo che se ne frega dell'estremo realismo, perchè quando si vuole portare un concetto al suo limite massimo quello che conta è altro, ovvero far arrivare quel concetto, nel modo più "potente" e definitivo possibile.
E così come in Speak no Evil anche con Civil War io ho preferito di gran lunga vedere questo lato delle cose piuttosto dell'altro.
Perchè, diciamocelo, se prendiamo questo film di Garland come qualcosa a cui dobbiamo "credere" nelle cose che mostra il film non regge.
Troppe situazioni forzate, troppe esagerazioni, troppe vicende che ci danno la sensazione non potrebbero mai accadere nel caso - inopinato - di reale guerra civile americana.
Attenzione, ammetto che anche qui - come per Speak no Evil - ci sono almeno un paio di cose che - anche io che preferisco vedere i due film in senso metaforico - faccio davvero fatica ad accettare, ma restano per me comunque nascoste o depotenziate dalla...potenza del film.
Che poi, ora che ci penso, Garland già nei suoi precedenti film aveva raccontato concetti portati all'estremo limite.
In Ex Machina la costruzione di un androide che poi diventa più umano degli umani, in Men una condizione psicologica-esistenziale portata alle estreme conseguenze, e anche Annientamento era un film profondamente metaforico che portava un simbolo - quello del cancro - a dimensioni gigantesche.
Qui secondo me l'ha fregato il soggetto che, a differenza dei 3 precedenti film, urlava grande realismo. 
E invece no, Civil War è "esattamente" Garland, ovvero l'opera di un autore che va sempre "oltre" la realtà (anche nei film che aveva solo scritto, senza regia).



Come detto siamo in piena Guerra Civile americana, quella tra alcuni stati secessionisti e quelli ancora ancorati agli United States.
Il film - cosa che io amo molto mentre altri non sopportano - non ti fa capire come si è arrivati a questo punto, le reali motivazioni, i precisi passaggi, le dinamiche.
No, ormai gli Usa sono in ginocchio, ad una finale resa dei conti.
Questo "non sapere", questa incredibile confusione non sono un vulnus del film ma, anzi, un suo pregio. Lo spettatore è confuso, non riesce quasi a capire nulla, molto spesso non capisce nemmeno se i militari che seguono i nostri reporter sono di uno schieramento o di un altro.
Questo è un film che racconta il Caos (penso anche al meraviglioso Athena),  non ci interessa capire le ragioni politiche, non ci interessa capire le dinamiche militari, siamo semplicemente persone dentro quel caos che si ritrovano sballottate da una parte all'altra e cercano in tutti i modi di sopravvivere e documentare.
Per capirsi noi spettatori siamo nella stessa situazione dei reporter, esseri umani che devono solo fotografare (nel nostro caso vedere) e documentare, anche senza capire.
Incendi, fumo, città distrutte, cecchini ovunque, barricate, Civil War è una specie di videogame di sopravvivenza con tanti diversi livelli (anche come struttura del racconto, ci ritroviamo tanti piccoli "blocchi").
L'atmosfera c'è, la colonna sonora è a tratti bellissima (spesso contrasta con le immagini che vediamo, a creare un effetto straniante), le location perfette.
Si capisce che ormai regna la completa anarchia (non vi sembra che Civil War sia una specie di "The Purge" formato gigante? a me l'ha ricordato tutto il tempo), la linea da seguire è sì dritta (il film è un road movie con un tragitto molto preciso, quello che porta alla Casa Bianca) ma non per questo chiara e razionale, come se esistesse un percorso inesorabile e stabilito che attraversa però il caos.
E in questo caos assisteremo a violenze indicibili.
Ecco, l'ennesimo aspetto che può essere visto da due lati diversi.

18.4.24

Recensione: "Ennio Doris - C'è anche domani" - Cinema 2024

 

Se inviassimo a qualcuno una foto mostrante solo il nostro pisello di 20 cm, ecco, in quella foto, così nuda, zoomata e specifica comunque ci sarebbero più margini di umiltà dell'intero film su Ennio Doris.
Perchè sì, perchè magari è vero, ti ho mandato la foto di un pisello di 20 cm ma non è implicito che io sappia usarlo.
Invece in "Ennio Doris - C'è anche domani" non c'è un solo secondo, un solo cm, una sola fessura che non ci mostri il nostro SuperEnnio come l'essere vivente più meraviglioso della storia della nostra specie, un Galileo Galilei, un Francesco d'Assisi, un John Nash e un Mahatma Gandhi non solo fusi insieme ma che sono solo una piccola parte del Tutto.
La più grande agiografia che il cinema abbia mai conosciuto.
E io sono tra i pochi fortunati a poter dire, per ora, di averlo visto.

(ci tengo a dire che tutta la recensione va vista in chiave ironica nel pieno rispetto di Ennio, di sua moglie e dei suoi splendidi figli. Se c'è una cosa che il film racconta benissimo e che nessuno potrà contestare è quella di avere davanti una famiglia veramente bella)


Quando nell'ultima immagine del film (scusate per il beneaugurato spoiler) il piccolo, ricciolosissimo e biondissimo mini-Ennio Doris corre dal padre con la prima pagina della Gazzetta in cui si celebrava la vittoria di Coppi su Bartali all'ultima tappa del Giro le mie ultime forze sono crollate.
Sì perchè in quasi due ore di film il buon Ennio (o suo padre per lui in questo caso) non aveva mai sbagliato nulla.
E cazzo, quella volta avevano sbagliato! Avevano pronosticato Coppi e il Giro invece ormai  l'aveva vinto Bartali!
Cazzo!
Ma il padre di Ennio, e questo è il senso della frase che dà titolo al film, gliel'aveva detto al figlio:
 "C'è anche domani", c'è un'altra tappa, vedrai che qualcosa succede.
E niente, quella magrissima soddisfazione che per un solo secondo durante tutto il film ci fosse stato un errore dei Doris non si è materializzato, sfuggito proprio all'ultimo fotogramma.

Sì perchè per tutta la pellicola ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo vaticinio, ogni suo calcolo, ogni sua previsione si era rivelato come il gesto-parola-vaticinio-calcolo-previsione di un Eletto, un uomo semplice e buono (e siamo abbastanza sicuri che lo fosse davvero) che, novello Clark Kent, per tutto il film era entrato in una astratta cabina telefonica uscendone sempre con vestiti diversi, quelli di Galileo Galilei, quelli stracciati di Francesco da Assisi, quelli più casual di John Nash, quelli, quasi inesistenti, del Mahatma Gandhi e altri personaggi minori come questi.
Un uomo che sapeva osservare il cielo calcolando le traiettorie delle stelle, che sapeva come parlare con le mucche e farle adagiare dolcemente a bordo strada, un uomo che solo schioccando un dito seppe illuminare la Tour Eifell, un uomo capace di calcoli a mente strabilianti che gli facevano capire, da bambino povero, che quel filetto di frisona non si poteva comprare e da adulto - sempre povero (perchè nel film il buon Ennio rifiuta sempre compensi e soldi) - gli facevano capire come muoversi nelle Borse o attraverso i disastri dei crack finanziari.
Un uomo che in 70 anni di vita e in due ore di film solo UNA volta perde leggermente le staffe, e lo fa con il suo amico/nemico d'infanzia - un personaggio fil rouge che avremo per tutto il film - amico di cui mi sfugge il nome e che, quindi, sarà per sempre per noi "l'amico".
E quando lo fa, quando finalmente il nostro Ennio si dimostra anch'esso uomo come noi, capace di sbagliare o di arrabbiarsi, che fa?
Regala un lavoro a quell'amico.

"Questa cosa non dovevi farmela!!!!"
Minaccia Ennio.
"Per punirti ti offro un lavoro alla mia banca!"

Una punizione probabilmente eccessiva per l'amico, ma questi deve in qualche modo accettarla, ritrovandosi a prendere un mucchio di soldi per compensare lo sgarbo.

Un uomo che nella sua vita ha inventato praticamente tutto tranne la ruota (inventore incerto), la penicillina (Alexander Fleming), il motore a vapore (James Watt) e l'Opera d'Arte Mobile (Andrea Diprè).
Tutto il resto è merito di Ennio Doris, un benefattore che, con un gioco di parole colmo di dolcezza e stima, potremmo chiamare anche Bene-Fattore, visto che Ennio non dimenticherà mai il suo passato di figlio di allevatore di vacche ma, anzi, compirà ogni gesto o scelta della sua vita sempre con tutti gli insegnamenti che quel passato gli ha lasciato.
Ennio veniva infatti da una famiglia poverissima che, come già citato sopra, non poteva permettersi il filetto ma doveva ripiegare sulle frattaglie (anche se è strano che lui e la madre quelle frattaglie l'abbiano comprate ma poi le lasciate lì in negozio), che aveva un padre buono, colmo di valori e facilmente infinocchiabile dagli arroganti del paese, che è cresciuto sognando di spalare il letame delle vacche ma che aveva una testa troppo oltre per accontentarsi di quel futuro.
A tal proposito l'incipit con Ennino che ha l'intuizione di far sgonfiare le ruote di un camion per recuperare i 12 cm - la misura di un pene non certo grande ma dignitosamente brillo - che avrebbero permesso allo stesso camion di passare sotto una galleria dimostrano quanto quel bambino fosse speciale, quanto i numeri nella sua testa facessero ghirigori e sesso selvaggio tra loro (e lo capisco, ho un problema simile), quanto, quindi, nel suo futuro non ci sarebbero state le vacche del padre ma qualcosa di più grande, qualcosa che avrebbe potuto semmai farlo interagire con altre vacche, quelle di Berlusconi ad esempio, ma nemmeno quello, perchè Ennio si innamorerà prestissimo - e sarà per sempre marito fedele - di quella che sarà l'unica e sola donna della sua vita, una 15enne sua compaesana che poi diventerà sua splendida moglie e madre dei suoi due figli.
Ennio la conoscerà andandosene per risaie, campi fangosi, fabbriche e case cercando di vendere contratti bancari perchè, in una sua scappatella ad una filiale della Banca del Veneto si era accorto, dopo una struggente scena in cui - come un musical disneyano - danzava tra i numeri che albergavano la sua testa, dicevo, si era accorto che la gente in filiale non ci andava.
"E allora la Banca andrà da loro" inventò Doris.


E così, calzoni lunghi ma comunque troppo corti perchè non ci sono i soldi e quindi gli stessi pantaloni si mettono da 10 anni, Ennio prende la sua bicicletta e - portatore sano di un sorriso che, molto simile alla paresi, mai lo abbandonerà per tutto il film - diventa una specie di medico condotto che invece di cure porterà tra contadini, operai e gente semplice dei contratti da firmare. E le firme arriveranno in tempo 3 secondi perchè a quel sorriso non si resiste.
Dicevamo che in uno di questi incontri Ennio vedrà LEI, Lina, sull'uscio della porta.
E i due avranno un colpo di fulmine così fulminante che si guarderanno per due minuti con la stessa espressione delle pastorelle di Medjugorje durante l'estasi, un'estasi che non sarà pareggiata nemmeno da quella - comunque notevole - suscitatasi dall'incontro a Portofino con un giovane - anch'esso portatore sano di sorriso, ma a differenza di Ennio anche di trombate - di nome Silvio (ma torneremo dopo a loro).
Ennio con un immenso coraggio si dichiarerà alla famiglia di Lina (uno stuolo di 10 donne che lo guarda con lo stesso sguardo, astioso e curioso, col quale noi spettatori guardiamo il film) ma per farcela dovrà affrontare il Boss Finale, ovvero il padre della sposa.
Padre che gli ricorda che la donzella ha solo 15 anni e deve quindi aspettarne 4 per sposarla.
Ed Ennio, in piena fase prestazionale, inizia a fare i conti di quanti giorni, quante ore e quanti secondi saranno questi 4 anni, ma il conto viene violentemente cesurato dal padre che - mettendogli in bocca un bichierin de vino - gli dice "Bevi!".

Tra i poteri concessi al Nostro scopriamo che c'è anche quello di avere una colonna sonora privata che suona in base a quello che gli succede in vita.
E così quando alla balera lui balla con Lina l'orchestrina suona proprio in quel momento "Non ho l'età" oppure quando Ennio va a casa della ragazza a dichiararsi il fratellino di lei fa partire a caso il giradischi e il pezzo, che non ricordo, parla di quanto saranno felici quando saranno insieme.
Ovviamente sia l'orchestrina che il fratellino di lei hanno agito come sotto una sorta di ipnosi causata dal sorriso irresistibile di Ennio.

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Uno ZERO incontra un OTTO e gli dice:
"Che cintura stretta che hai!"


Scusate l'intermezzo ma questa freddura è importante per la vita di Ennio, per quella della sua famiglia e, per osmosi, credo anche per la nostra.

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Ne approfitto anche per dire che il film, incredibilmente, è girato davvero bene, in 3/4 scene ha anche una bellissima fotografia e, in generale, è molto ben curato.
Il problema sono molti attori (tra cui ahimè il protagonista, il Doris ragazzo) e il contenuto.
Siamo di certo davanti alla più grande agiografia nella storia del Cinema.
Se, imitando Ennio, mi fossi messo a contare i momenti in cui Doris veniva glorificato (o come padre, o come marito, o come figlio, o come nonno, o come bancario, o come uomo illuminato, o come virtù morali, o come intelligenza, o come computatore di conti, o come uomo capace sempre di perdonare, o come benefattore, o come umiltà, o come vaticinatore o tanto altro), dico, se avessi contato i momenti in cui Doris viene glorificato credo che saremmo tranquillamente oltre i 241.
Non ricordo 2 minuti filati del film (vi giuro sono SERISSIMO) dove Doris non eccelle per qualcosa.
Per farvi capire il livello se inviassimo a qualcuno una foto mostrante solo il nostro pisello di 20 cm ecco, in quella foto, così nuda, zoomata e specifica, comunque ci sarebbero più margini di umiltà dell'intero film su Ennio Doris.
Perchè sì, perchè magari è vero, ti ho mandato la foto di un pisello di 20 cm ma non è implicito che io sappia usarlo.
Invece no, invece nel film non c'è mai un solo secondo, un solo cm di pellicola, una minima fessura o un minimo dubbio sulla magnificenza di Ennio.
E in questa recensione già così lunga vi avrò raccontato al massimo il 27% delle scene o dei momenti da SuperEnnio.

Uno che ad esempio invitava importanti soci a casa sua ma interrompeva ogni 30 secondi l'incontro per andare ad accogliere all'uscio gente semplice alla quale firmava fogli a caso (una scena davvero vicinissima a quella dei Santi che toccano la testa dei fedeli), uno che assumeva gente in due secondi se questa sapeva fare 4 triangoli con sei matite (meraviglioso quello che il tempo di 3 passi si ritrova una giacca e una 24 ore addosso), uno che grazie alla sua simpatia e al suo sorriso poteva vendere un contratto a chiunque (la scena della chiamata al Segretario della Confindustria o quella dove umilia il povero Cagliari fissando 10 incontri in 3 minuti), uno che durante il crack finanziario americano che rischiava di mettere a terra molti suoi correntisti decise di mettere soldi di tasca sua per risarcirli.
E tanto tanto altro.


Ma due dei momenti più belli riguardano Silvio.
Nel primo incontro, quello a Portofino, assistiamo al più grande switch di doppiaggio della storia del cinema italiano.
L'attore che interpreta Berlusca parla infatti un faticoso milanese, come giusto che sia.
Ad un certo punto, però, probabilmente si dimentica del ruolo e per commentare il:

"Voglio aprire una banca!"

detto da Doris risponde con un:

"Ma un ce ne sono già troppe???"

con una cadenza toscana assurda. 
Incredibile che nessuno si sia accorto della cosa ma forse questo era soltanto un altro potere di Doris, ovvero quello di far switchare la cadenza degli interlocutori.
Ci rimarrà anche indelebilmente nel cuore la scena di Silvio ed Ennio ad Arcore, loro felici come bambini mentre rincorrono e raccattano fogli che se ne sono volati nel giardino, MERAVIGLIOSA.

Ma c'è un punto oscuro, una scena incomprensibile che non abbiamo capito e che mi darà la stupenda occasione di voler rivedere questo capolavoro.
Ennio e Lina sono, da "anziani", su una casupola di legno, una specie di povero ma ben curato chalet.
A memoria credo che sia la loro prima casa.
Lo spettatore è convinto che i due siano tornati nella casa del loro primo amore, quella dove hanno passato i loro primi anni insieme, del resto tutto il film è un rimembrare il passato o prenderlo tra le proprie mani.
Ad un certo punto, però, entra il figlio che li chiama.
Questi escono e uno si aspetta che escano FUORI ma invece no, attraversata la porta si ritrovano nella loro mega villa dove vivono.
Aprono la porta della casupola e sono dentro il villone dove abitano ora, ripeto.
E' molto probabile che io e il mio amico, a quel punto, fossimo drogati dal film e pronti a credere a qualsiasi cosa avessimo davanti, qualsiasi apparizione (del resto Ennio questo è stato per tutto il film, un'Apparizione Divina).
Ma questo uscire dalla casupola e ritrovarsi nel villone moderno è un qualcosa che non mi fa dormire da 2 giorni, vi giuro.

Grazie vita, grazie Ennio, grazie tutto.

Vi lascio con questo video.
Perchè nel 2000 un uomo buono tracciava con un bastoncino intorno a sè un cerchio, in quella che sarebbe diventata una delle pubblicità più iconiche dei nostri tempi.
E vedere la genesi di quel bastoncino è qualcosa di troppo importante.



17.4.24

Recensione: "Omen - Le origini del Presagio" - Al Cinema 2024

 


Il prequel della saga Omen (secondo me assolutamente condivisibile come scelta, mancava sapere com'era nato - in tutti i sensi - Damien) si rivela come un buonissimo horror da sala.
Girato davvero bene, ambientato in una Roma degli anni 70 magistralmente ricostruita, recitato bene (specie dalle 3 giovani attrici principali, per un film molto al femminile) e con una storia abbastanza torbida e più d'una scena notevole da vedere.
La regista, giovane ragazza alla sua opera prima, dimostra di saperci veramente fare.
Certo ci sono sbavature, sia di scrittura che di qualche sequenza o mal costruita o di grana grossa, ma questo Omen - L'origine del Presagio è un perfetto esempio di come dovrebbero essere gli horror da sala, spettacolari il giusto, recitati bene, con una storia accattivante e non la solita catena di montaggio da jumpscares che abbiamo di solito

Ci sono prequel, anche di serie con già tantissimi episodi, che sono narrativamente perfetti.
Insomma, non un semplice sfruttare il brand inventandosi chissàche (reboot, finti remake, prequel o sequel che sconfessano fatti e linee narrative etc...) ma l'aggiungere un capitolo che è coerente con tutto, che colma un'eventuale lacuna, che non è una forzatura.
La saga Omen - di cui non ricordo una sega e della quale credo di aver visto solo due film, ed eoni fa - ha avuto tutti capitoli cronologicamente consecutivi (oh, meno male, non come alcune saghe schizofreniche e impossibili da contestualizzare, come ad esempio i Non aprite quella porta).
Insomma Omen 1, poi Omen 2 che seguiva cronologicamente l'1, poi Omen 3 che seguiva cronologicamente il 2 e poi Omen 4 che seguiva cronologicamente il 3.
Che bellezza, quanto è facile.
C'è stato poi negli anni 2000 un remake del primo, ok, ma i remake "puri" non confondono granchè.
Il fatto è che, quindi, un prequel mancava, visto che nel primo film c'era sto figlio del Diavolo dato ad una famiglia, bambino però di cui non conoscevamo il passato.
E allora ecco che questo "Omen - Le Origini del presagio" narrativamente si infila là, prima di tutti, a raccontarci come è "nato", in tutti i sensi, Damien.

Io ste operazioni le amo, come ho amato ad esempio quella de "La Cosa", un prequel che era un atto d'amore verso il primo film e che, in maniera quasi filologica, ci raccontava cosa era successo nella stazione dei norvegesi, perchè era ridotta in quello stato e la storia di quel cane che, nel meraviglioso incipit del primo film, arriva alla stazione americana.
Tutti l'hanno odiato, alcuni secondo me senza nemmeno averlo visto (tanto che ho letto parlavano di  "remake"...) quando, invece, era solo un film, anche molto ben fatto, che esaltava il capolavoro iniziale.

ECCO, STE RIGHE LE AVEVO SCRITTE IL GIORNO DOPO AVE' VISTO IL FILM.
POI NON SO COSA E' SUCCESSO, FATTO STA CHE ORA SON PASSATI 10 GIORNI E, QUINDI, CHISSA' CHE ME RICORDO
AL SOLITO, SO UNO STRONZO

Quindi, visto il disclaimer difficile fare una recensione elaborata e coerente, andiamo per punti

  • Il film è girato davvero bene...
    La regista, Arkasha Stevenson, è una giovane ragazza alla sua prima regia, se il buongiorno si vede dal mattino potremmo avere una nuova autrice nell'horror.
    Il film è molto bello esteticamente, ha più di una scena suggestiva e, anche quando vira sullo spettacolare, sul grottesco e sull'esagerazione visiva non sembra esser mai di grana grossa ma riesce a mantenere un suo senso del bello, sempre

  • L'ambientazione romana del 1971 è super suggestiva...
    Le automobili, i vestiti, le usanze, i luoghi, Roma degli anno 70 in questo film diventa vera protagonista del film e non semplice scenario "da fiction" stucchevole.
    C'è la sensazione che tutta la scelta delle location, dei costumi e dei volti sia stata fatta con competenza ed anima



  • L'attrice principale, Nell Tiger Free, ti rimane addosso.
    E' dolce, è bella, sa restituire al suo personaggio una grazia, una fragilità e una tenerezza veramente grande.
    Mi ha ricordato nel viso la Qualley ed è molto buffo che nella splendida scena  - alla "Possession" - della rottura delle acque e di lei che scende dall'auto la memoria mi sia andata proprio alla straordinaria pubblicità che fece la Qualley per Kenzo.
    La sua Margaret è un personaggio raro nell'horror di sala moderno perchè complesso, empatico, umano, uno di quei personaggi cui partecipi al suo dolore.
    Molto interessanti anche Maria Caballero (nel ruolo di Luz, il personaggio più odioso del film) e la "piccola" Nicole Sorace, nel ruolo di Carlita, davvero difficile (ah, vorrei dire agli americani che Carlita non è un nome italiano e che Alfonso si scrive Alfonso e non AlfonZo. Niente, evidentemente ci avranno preso per spagnoli).
    Un cast, quindi, dove spiccano soprattutto figure femminili e in cui i due legami che intreccia Margaret con Carlita e Luz sono davvero ben raccontati.

  • Ci sono molte scene "spettacolari".
    A memoria il paio di parti "infernali", abbastanza espliciti e violenti (l'artiglio che esce dalla vagina fa male a me uomo, figuriamoci ad una ragazza che guarda...) l'incipit con la vetrata che cade e si rompe, le bellissime scene della discoteca (ma ormai le scene disco nei film sono sempre tra le più belle, è un must), la novizia simile a Mia Goth che si impicca e dà fuoco contemporaneamente (inventivo doppio suicidio), la cerimonia dove Margaret viene messa incinta - veramente infernale in tutti i sensi -  quella dell'altra cerimonia del "battesimo" di Luz,  "il marchio" in bocca, la già citata scena di Margaret che, come posseduta, perde le acque per strada, il parto finale con tutti quei debosciati che esultano alla vista di un figlio maschio.
    Tutte notevoli, davvero

  • Ero arrivato quasi a fine film "incazzato" nero per una scena secondo me senza alcun senso, ovvero quella dell' "ultima" notte da ragazze libere, quella in cui Luz invita Margaret ad uscire a sballarsi. No, non aveva senso, una ragazza così tanto religiosa da dare la sua vita per Dio non si veste da strappona e va in discoteca per dare un ultimo sfogo al corpo, è assolutamente impossibile.
    Poi, però, quella scena super incoerente diventerà non solo coerente ma in qualche modo "perfetta" quando scopriremo che tutta quell'uscita era organizzata dalla setta per far ubriacare Margaret e farla poi accoppiare con la Bestia (gli stessi due ragazzi "conosciuti" in discoteca facevano parte della cricchetta, perfetto).

  • Mi è sembrato davvero di pessimo gusto lo squarcio in testa post vetrata nell'incipit (oltre che fisicamente impossibile quelli sì son secondi di grana grossa), ho trovato abbastanza assurda la scena dell'investimento di AlfonZo (per tanti motivi, primo il fatto che l'autista va subito addosso a un muro. Cioè, Alfonzo è stato investito per strada ma l'autista stava comunque andando addosso a un muro? E poi perchè non scende mai dall'auto? Nemmeno quando Margaret se ne va in giro con mezzo Alfonzo in braccio?

    Anche il finale ha parecchi problemi.
    Per prima cosa non si capisce perchè quella Bestia se ne sta vita natural durante dietro una tenda senza fare un cazzo, così, pronto ad uscire dalla tenda solo quando deve ingroppare. Non sembra nemmeno legato, niente, è solo uno sciacallo del Diavolo ammaestrato che per 20 anni sta fermo e che se poi gli fischiano esce e tromba.
    E no, dar fuoco ad una stanza di pietra non è credibile come non è credibile che poi entri Carlita a salvare Margaret e se ne scappano.
     Da dove? Senza esser visti da nessuno?
    Peccato, ecco, questa è una scena dove l'urgenza spettacolare ha un pò fatto mettere da parte credibilità e "classe".




  • Ora, la faccenda del mettere al mondo un Anticristo che vada a "favore" della Chiesa è molto affascinante.
    Una Chiesa deviata che mette al mondo un suo nemico per dimostrare che il Male esiste e, di conseguenza, far avvicinare più a Dio la gente.
    Solo che è confusotta la cosa eh.
    Il fatto che de 12 bambini nascono tutte femmine e che allora capiscono che per nasce maschietto lo stesso bestione deve trombà una de quelle femmine (solo due erano rimaste vive, Carlita e la stessa Margaret, che quindi son "sorelle) una volta arrivate a 18 anni ha dell'assurdo.
    Boh, non so che scienziati abbiamo nei sottoscala della Chiesa romana ma sta di fatto che avevano ragione, lo stallone demoniaco doveva ritrombà con una delle sue stesse figlie per faglie concepì un bebè maschio.
    Potere della Fede.

  • Ah, il mi fratello dopo mezz'ora de film aveva capito che era Margaret l'eletta, non Carlita. E, insomma, non so quando l'avrei capito io ma ho visto tutto il film senza una sorpresa in quel senso

Insomma, un film ben girato, ben recitato, con location suggestive e una ricostruzione della Roma settantina davvero riuscita, con una linea temporale inserita nella saga in maniera coerente e quasi "doverosa", con una bella atmosfera, scene spettacolari e altre dolorose, qualche caduta di stile, qualche concessione all'horror di sala più canonico (ah, dimenticavo le visioni di Margaret della novizia bruciata, evitabili), con un finale magari poco credibile ma molto interessante (per la faccenda della bimba femmina salvata, cosa che ora mi confonde e insospettisce perchè non credo comparisse nei 4 film originari e quindi puzza molto di possibile sequel di questo prequel).
Una storia di donne, di potere, di dolore, di manipolazione.
Un gran bel horror di sala

7


2.4.24

Recensione: "Spaceman" - Su Netflix

 

Un film straordinario che purtroppo (perchè in sala tantissimi lo avrebbero consacrato come uno dei film dell'anno) e per fortuna (perchè almeno lo si può vedere sempre) è uscito solo su Netflix.
Jakub va in missione spaziale per analizzare una misteriosa Nube Viola che da anni è visibile dalla Terra.
Un viaggio di un anno, completamente solo.
Finchè nella navicella non entra un "invasore".
Film esistenziale, di quelli che non smetterei mai di vedere.
Un'opera che racconta in un modo originale e commovente di come a volte l'unica salvezza sia guardare dentro sè stessi.
Riscoprendo quello che siamo, quello che ci fa stare bene, i sentimenti che proviamo.
E che ci fa capire che a volte per riconquistare l'Amore bisogna tornare al Principio.
Principio che non è un luogo dietro di te ma, al contrario - in un sorprendente paradosso - un luogo da raggiungere.
Davanti a noi.



 Con me, Spaceman, vince facile.
Questi sono i film che cerco e amo di più, quelli che nascondono l'esistenzialismo sotto un vestito di genere.
Film che i bugiardini ti vendono come fantascienza, o come horror, o come commedia o con qualsiasi altra etichetta possibile ma che hanno invece a cuore qualcos'altro, qualcosa di più grande che un'appartenenza a un genere.
Sono film che raccontano noi, le nostre vite, le nostre mancanze, i nostri dolori, i nostri amori, le nostre aspirazioni, le nostre solitudini.
Sono i film più belli.
E per me poi che non amo la fantascienza tout court, quella degli effetti speciali, quella delle navicelle che volano e sparano, quella degli attacchi alieni, quella fracassona e spettacolare, ecco, ringrazio sempre film come Spaceman per dare la possibilità anche a me così lontano da questo genere di poterlo amare.
Film come Signs, come District 9, come Non Lasciarmi, come Her, come Mr Nobody, come Another Earth, come Ex Machina e tanti altri che sono sì film di fantascienza ma anche, e principalmente, opere su di noi esseri umani.
O Moon, lo splendido debutto di Duncan Jones, che, tra tutti questi qua, è forse il film che somiglia di più a Spaceman.
( Kubrick e capolavori del passato, al solito, non li nomino nemmeno)
Anche se in realtà il film che più me lo ha ricordato con la fantascienza niente c'entra, ma ne parleremo poi.



Jakub Prochazka, cecoslovacco, viene mandato nello spazio ad analizzare una bellissima e suggestiva "nube viola" che da anni è visibile dalla Terra.
Non si capisce bene cosa sia, tutto il mondo sta aspettando una risposta.
Jakub (un grande Adam Sandler) parte così per questa missione della durata di un anno, completamente solo.
E, attenzione, l'assoluta solitudine (una bambina in una videochiamata iniziale glielo dice "E' vero che sei l'uomo più solo del mondo?") è uno dei temi principali del film.
Perchè sarà proprio quella solitudine, così assoluta, "atavica" (lui è nello spazio) ed egoista ad essere il motore di tutto il cambiamento emotivo, psicologico e spirituale dell'uomo.
Jakub in più non riesce a dormire, questo viaggio così stressante, questa lontananza dalla Terra, la mancanza di notizie dalla sua compagna incinta a alcuni nodi "interni" che deve risolvere lo portano a questa condizione fisica e metafisica di grandissimo disagio.
Fino a che nella navicella non entra un ragno alieno gigante.

Un invasore?
Un compagno?
Una visione dovuta all'insonnia?
Una parte di sè fino a quel momento celata, come una coscienza che finalmente riesce a venir fuori?

Spaceman non ci darà una risposta certa, e per questo lo ringraziamo.
Quello che è sicuro è che questo meraviglioso ragno porterà Jakub e - sinedocchianamente -  molti di noi, a capire l'importanza degli altri, quella dei sentimenti, quella dell'Amore, fino a riportarlo(ci) all'essenza di tutte le cose.
L'atmosfera è magnifica.
Queste vicende di solitudini mi affascinano sempre da morire perchè psicologicamente densissime e cariche di significato.
La solitudine è una condizione a volte vitale (perchè c'è sempre bisogno di tempo per sè, tempo quasi mai perso) e spesso devastante, specie quando vissuta male o non voluta.
In questo caso ci troviamo davanti ad una solitudine "ibrida", perchè tremendamente voluta dal protagonista (Jakub è un egoista malato del suo lavoro e dei suoi risultati) ma, più il tempo passa, più vissuta dallo stesso in modo disastroso.
Una condizione dove quindi la presenza del ragno Hanus - a prescindere che sia una creatura reale o la reificazione della propria coscienza - trova il suo habitat perfetto, perchè non c'è miglior habitat per un uomo che ha "bisogno" di capire le cose quello di ritrovarsi completamente solo.
Non è un caso che è proprio con l'arrivo del ragno che Jakub cominci ad avere flash back della sua relazione, relazione che - lo capiremo meglio dopo - è arrivata al capolinea perchè la magnifica Lenka (una sempre grande Carey Mulligan) non riesce più a stare con un uomo che ama follemente ma che non riesce a restituirle nulla, perso e innamorato com'è solo di se stesso.
Insomma, un rapporto tremendamente sbilanciato.
"Io ho amputato tante parti di me stessa per te Jakub, tu cosa hai amputato?"


E questo sarà quindi Spaceman, ovvero il viaggio spaziale di un uomo verso una Nube Viola che diventa anche il viaggio interiore alla scoperta di sè, dei propri sentimenti e delle proprie priorità ("Io sono un esploratore, come te" gli dice Hanus, come a dire che anche indagare se stessi è un'esplorazione).
Insomma, uno scienziato che deve indagare la Scienza più difficile, quella dell'amore.
E ho trovato incredibile la coincidenza (o è un rimando?) allo straordinario pezzo dei Coldplay "The Scientist" che, praticamente, è l'esatta trama di questo film, ovvero la necessità di lasciar perdere cose futili sulle quali eravamo ossessionati per tornare invece indietro, alla genesi dell'Amore che stiamo perdendo ("I'm going back to the start")

I was just guessing at numbers and figures
Pulling your puzzles apart
Questions of science, science and progress
Do not speak as loud as my heart
Tell me you love me, come back and haunt me
Oh and I rush to the start
Running in circles, chasing our tails
Coming back as we are

(Stavo solo calcolando cifre e numeri
Mettendo i tuoi problemi da parte
Problemi di scienza, scienza e progresso
Non parlano forte come il mio cuore

Dimmi che mi ami, torna e ossessionami
E io corro verso l'inizio
Correndo in cerchio, rincorrendo le nostre code
Tornando indietro a quello che siamo)


Vi giuro, è incredibile come il pezzo e il film coincidano.
E che il brano si chiami proprio "Lo Scienziato" mette i brividi.
(il video è tutto girato a ritroso, ad evidenziare questo bisogno di tornare prima dell'incidente, prima che le cose si siano rotte)


Perchè questa è la magia del film e il suo straordinario e commovente insegnamento, ovvero quello di un viaggio che sembra "in avanti" ma in realtà è un viaggio a ritroso.
La Nube Viola nasconde - lo dice Hanus stesso - "Il Principio", la genesi delle cose.
Quindi è come se Jakub più che "tornare" al principio lo "raggiunga", come se il suo passato coincida con il suo futuro, sia una cosa davanti a sè.
E, se ci pensate, la metafora diventa ancora più emozionante perchè quel tornare al passato, quel riscoprire quanto si amava quella persona è veramente coincidente con un futuro, con un potersi riamare come quelli di un tempo.

12.3.24

Recensione: "Estranei" - Cinema 2024

 

Estranei è un film meraviglioso, di sicuro una delle migliori cose potrete vedere quest'anno in sala.
Io ho avuto bisogno di due visioni, cosa che, se riuscite, consiglio a tutti.
Un film di solitudini "perfette", di vuoti incolmabili, di vite non vissute, di necessità di essere capiti e perdonati, di amori mai vissuti perchè mai conosciuti, di fantasmi, di scrittura salvifica, di mondi e dimensioni che si intersecano tra di loro.
Auguro a chiunque di voi di essere guardati almeno una volta nella vita come Andrew Scott guarda i suoi genitori, ormai perduti, e il suo amore, amore probabilmente non reale ma talmente indispensabile e bello da diventare, probabilmente, l'unica ragione di vita.


SPOILER GIGANTESCHI SIN DA SUBITO

Un ragazzo alla porta.
Vorrebbe entrare per bere o "qualsiasi altra cosa tu voglia".
La dichiarazione è palese.
L'uomo che abita in quella casa sussulta, vorrebbe con tutto il suo cuore far entrare quel ragazzo, ma non ci riesce.
Dietro ci sono 40 anni interi di "non riuscirci", e non si può cambiare una vita intera in due minuti.
E' una scena "minima", che pare solo un incipit narrativo.
In realtà quella è, ma lo spettatore non può ancora saperlo in quel momento, LA scena.
Perchè il ragazzo alla porta si lascerà morire quella sera stessa.
E perchè l'uomo che su quella porta non ha trovato il coraggio di cambiare dalla mattina seguente si inventerà una nuova vita, una vita senza più blocchi, senza più paure, una vita che finalmente può essere vissuta.
Estranei è un film meraviglioso, probabilmente la cosa più bella che potrete vedere quest'anno.
Mi sto rendendo conto che più divento grande, più il cinema diventa tecnologico, più la realtà è difficilmente distinguibile dagli effetti speciali o da quella virtuale, più ho bisogno, e più amo, questi film.
Come se mentre il mondo si disumanizza (non da vedere per forza in senso negativo, ma proprio di virtualità che sostituisce la realtà) ci sia l'assoluto bisogno di film con dentro persone e sentimenti come questo, che diventa universale, che diventa un pezzo di ognuno di noi, che è cinema del "vero".
Sì, Estranei sarà per me quello che l'anno scorso è stato Aftersun, film con il quale ha più di un commovente rimando.
Io l'ho dovuto (e voluto) vedere due volte, tanto avevo il bisogno di capire e tanto mi aveva emozionato.
E sì, credo che due visioni siano obbligatorie.
Ma Estranei ha un merito, ovvero quello per cui anche se non ne afferri l'interpretazione, anche se ti lascia dubbi, anche se non lo capisci, niente cambia.
Perchè quello che racconta, le emozioni che dà, i temi che affronta, gli insegnamenti ce lascia, restano gli stessi.
Se sia o no un film di fantasmi, se sia un film sulla scrittura salvifica, se quella scena sia reale o no niente cambia, Estranei resta grandioso lo stesso.


Ora, se avete voglia, vi porto nel mio particolare percorso, fatto di due visioni del film e decine di cose appuntate.
Diversamente da quanto faccio di solito userò molte frasi del film, sia perchè ho amato i dialoghi che ha dentro come poche altre volte sia perchè quasi ogni tematica del film può essere racchiusa in qualche frase che viene detta.

Adam è un uomo solo che vive in un mega palazzo praticamente disabitato.
E' uno scrittore in crisi e un uomo in crisi ancora più grande.
Lo vediamo davanti al pc, pagina bianca (importantissimo).
Poi ci sarà la scena descritta all'inizio, quella del rifiuto a far entrare Harry.
La mattina dopo Adam comincia a scrivere una sceneggiatura, quella pagina bianca comincia finalmente a riempirsi.
Questo è essenzialmente Estranei.
Ovvero la storia di un uomo che si ritrova completamente bloccato (lo è da sempre), incapace di amare (e mai amato prima), un uomo incapace di vivere la propria omosessualità e che allora decide di cominciare a scrivere una nuova vita, una vita finalmente vissuta, che lo possa "curare".
Sono due essenzialmente i bisogni che ha Adam.
Uno è quello di rivelare ai propri genitori di esser gay e l'altra, di conseguenza, quella di poter frequentare Harry.
E nasce così un film che sembra un film di fantasmi (e, in qualche modo, lo è) ma che è piuttosto una cosa diversa, ovvero la creazione "letteraria" (ad un certo punto Adam dirà anche ad Harry che "sto scrivendo dei miei genitori") di un mondo "parallelo" in realtà inesistente, quello che ha dentro il dialogo l'affetto con i propri genitori e quello della storia d'amore con Harry.
Ma la realtà è spietata, Adam quelle scene con i genitori non le ha mai vissute e non le sta probabilmente nemmeno vivendo in un mondo "di mezzo" (quello dei vivi e dei morti) e tutti i meravigliosi momenti con Harry stessa cosa, non sono mai avvenuti perchè il ragazzo è morto quella stessa prima sera.
Ora, la differenza tra questa mia lettura e quella dei "fantasmi" è al tempo stesso molto simile (perchè entrambe sono, in qualche modo, immaginazione di Adam) ma sostanzialmente molto diversa.
Perchè una cosa è scriverle le vicende della tua vita, crearle appositamente per te stesso, come una specie di "terapia" artistica, un'altra viverle in un'altra dimensione, dimensione trascendentale ma pur sempre "reale" (perchè se altra dimensione esiste è comunque una dimensione).
E vorrei tanto che fosse questa seconda la lettura giusta ma tutti gli elementi mi portano alla prima.
Ed Estranei diventa così un film su una solitudine gigantesca, "perfetta", devastante.
Adam probabilmente nemmeno è mai uscito da quella sua stanza nel palazzo.
Ma ha affidato alla scrittura la cura per ogni sua malattia e ferita.



Il messaggio che lancia il film è così struggente.
Ed è quello di un uomo che fu un bambino mai amato e capito sai suoi genitori, genitori morti ai suoi 12 anni.
E rimasto così tutta la vita bloccato in quel dolore, in quel mancato dialogo, in quel mancato capirsi, senza aver avuto il tempo di essere accettato, senza aver avuto il tempo di non sentirsi un estraneo.
Probabilmente fino alla sera in cui ha conosciuto Harry, Adam ha "accettato" questa sua non vita, restando nel suo guscio di dolore e di non agire, completamente inerme e incapace di reagire.
Ma quella sera è scattato qualcosa, ha sentito che è arrivato il momento di uscire da "quel groviglio che sente nel cuore".
E allora Adam crea/scrive questo mondo alternativo dove, finalmente, può parlare con sua madre e sua padre.
Un mondo dove dichiara all'istante e senza alcuna difficoltà la propria omosessualità ai suoi genitori e dove loro - perchè è appunto Adam che li fa parlare - lo capiscono subito, mostrandogli un affetto infinito, completamente all'opposto di quello che sarebbe successo nella realtà.
E Adam aveva bisogno di questo, aveva bisogno di dichiararsi ai suoi, aveva bisogno di essere accettato, per poter poi vivere l'altra vita alternativa, quella con Harry.
E aveva anche bisogno di sentirsi amato, per poter amare a sua volta.
Non è un caso che il film cominci con lui che, quando Harry suona alla porta, sta ascoltando "The pover of love" e poi finisce con lo stesso pezzo.
Come se tutto quello che abbiamo visto, alla fine, durasse il tempo di una canzone, una canzone sul disperato bisogno di amare ed essere amato.
Il pezzo accompagna quindi tutto l'arco narrativo della nuova vita di Adam, quella che lui avrebbe sempre voluto vivere.
Le due vicende, quella dei genitori e quella di Harry, andranno sempre di pari passo.
Più Adam si riavvicina ai suoi genitori più fa passi avanti con Harry.
Il primo bacio, il sesso orale, quello completo, il vivere insieme in casa, il poter uscire insieme davanti a tutti, sono in ordine crescente tutti i desideri che probabilmente Adam ha avuto per tutta la vita e che solo adesso, in questo mondo immaginario in cui i suoi lo hanno finalmente accettato, può vivere.
Era talmente gigantesco il suo blocco che potremmo anche immaginare che Adam non abbia mai avuto alcuna relazione (tanto è impacciato nel baciare, tanto è ancora "impaurito" dall'Aids, come se fosse rimasto ai suoi 12 anni).
Un uomo rimasto fermo a quei 12 anni, al bambino non accettato, bullizzato, non amato, desideroso solo di scappar via.


Non è un caso che queste immagini da "bambino" ricorrano più volte nel film, in questa specie di collasso temporale che diventa Estranei, un film che ad un certo punto mischia realtà, immaginazione (la scrittura) e forse davvero una terza dimensione, quella trascendentale dove magicamente i due mondi reali e immaginari si intersecano, perchè Adam alla fine "vive" con tale intensità quella realtà che si è creato da mischiarla davvero con la sua vita reale.
Tanto che ad un certo punto viene detto:

"Ti sembra reale?"
"Sì"
"Allora hai la risposta"

E questo è uno dei tanti dialoghi chiave del film, uno scambio che manda a puttane qualsiasi interpretazione.
Perchè se ad Adam quelle cose sembrano reali, quelle emozioni autentiche, quei perdoni concreti, quel sesso tangibile allora il resto non conta.

Tra le tante scene indimenticabili del film c'è quella del Natale.
Con Adam che, come era venuto fuori in un precedente dialogo, mette la fata in cima all'albero.
Tutto questo mentre la madre gli canta "You are always on my mind" (sarai sempre nei miei pensieri).
Poi quella foto.
Nel momento del flash vediamo la foto autentica del Natale dei suoi 12 anni.
E in quella foto Adam è un bimbo profondamente triste, che anche in quel giorno gioioso, il più bello di tutti per chi è bambino, sembra avere la morte dentro.
In questo mondo alternativo invece è, adulto, in mezzo ai suoi genitori, commosso, sorridente, felice.

1.3.24

Recensione: "Povere Creature" - Al Cinema 2024

 

L'ultimo film di Lanthimos è qualcosa di davvero nuovo per lui.
Povere Creature è infatti il suo primo film basato sull'accumulo, sull'esagerazione, sull'aggiungere cose, sulla ridondanza, visiva e non.
Per un regista che invece aveva fatto del togliere, dell'essenzialità e della reticenza il suo marchio di fabbrica (anche nei film americani).
Questo è un grande film sulla libertà, sull'indipendenza, sull'emancipazione, sulla scoperta di sè e del mondo e su quella cosa così bella e perduta nell'essere adulto che è lo stupore.
Eppure una seconda parte piena - per me - di problemi rovina un film potenzialmente magnifico che, anche se in cornice favolistica, racconta concetti grandi e importanti (ma del resto le favole, per definizione, servono a insegnar cose importanti).
L'ho amato tanto ma per lunga parte della sua durata ho pensato di poterlo amare ancora di più.


Non posso nascondere un pizzico (più di un pizzico?) di delusione.
E' quella sensazione che provo non tanto quando mi ritrovo davanti un film bruttino o sufficiente, ma quando mi capitano invece film che - ovviamente per me - potevano essere giganteschi, co tutte le carte in tavola per esserlo, ma poi, per un motivo o per l'altro - e in Povere Creature i motivi alla fine sono più d'uno- non ci riescono.
Quello che è abbastanza certo, intanto, è che ci ritroviamo davanti un Lanthimos davvero nuovo, quasi un "terzo "Lanthimos se consideriamo quello degli esordi e poi quello al di à dell'Oceano.
Un Lanthimos nuovo perchè, per la prima volta, assistiamo ad un suo film tutto basato sull'accumulo, sull'aggiunta, sulla ridondanza, sull'esagerazione a scapito dell'essenzialità, del togliere e della reticenza.
E questa cosa, se va benissimo per la parte visiva, per la caratterizzazione dei personaggi, per le vicende, per le scenografie, per le battute, per tutto, risulta invece tremendamente sbagliata - e dannosa - in quello che Lanthimos nella sua carriera veramente non ha mai fatto, ovvero lo "spiegare" le cose.
Anche i suoi film hollywoodiani erano misteriosi, mai una didascalia, mai una verità spiattellata davanti.
Persino La Favorita, il suo film più "normale" (che aggettivo orribile) con quel finale coi "conigli nella testa" della regina ci aveva regalato una magnifica pennellata lanthimosiana, ovvero questa sua capacità di suscitare temi e riflessioni solo attraverso simboli o delle vicende comunque sempre da interpretare.
In Poor Things tutto questo "non detto" non c'è praticamente mai e, diciamocelo, non è un problema perchè il film per buona parte della sua durata resta magnifico anche mostrandoci le cose in modo palese.
Il suo problema arriva quando non si limita soltanto a mostrare cose palesi ma anche a spiegarcele, a metterci i sottotitoli sotto, anzi, sopra.
E questo è solo uno dei difetti della quasi terribile parte finale, sulla quale torno poi.

Io per buonissima parte del film mi sono ritrovato davanti una cosa bellissima.
Un film sulla libertà, sull'indipendenza, sull'emancipazione, sulla scoperta di sè e del mondo.
Attraverso quella parola magica che è lo stupore, ovvero quella condizione di scoprire cose nuove.
Quella, ovviamente, tipica soprattutto di un bambino.


E questo è per tutta la prima parte il film, ovvero una grandissima opera, barocca, divertentissima e travolgente, sulle scoperta delle cose, su come la nostra mente vergine e bambina si ritrovi davanti strumenti nuovi, sensazioni nuove, stimoli nuovi.
La prima ora e mezza del film racchiude nel personaggio di Bella Baxter il ciclo della vita di tutti noi.
La scoperta dei rumori, quella del gioco, quella delle prime parole, quella dei bisogni, quella del cibo, quella dell'autorità.
E, anche, quella della Morte visto che Bella crescerà in un ambiente - de facto - che ha a che fare con la morte, intesa proprio empiricamente come morte del corpo, del cadavere.
Questo creerà nella sua mente bambina una certa fascinazione con quel mondo (vedi scena rana), o comunque non quel rifiuto che quasi ogni bambino proverebbe.
Anche perchè Bella, in realtà, è anch'essa un cadavere, tornato poi in vita grazie all'intervento di God (particolarissimo come si sia ribaltata la storia di Frankenstein con il Creatore ad esserem in questo caso, la creatura esteticamente mostruosa).
Quindi lei la morte ce l'ha addosso, per citare una commovente e bellissima novella di Pirandello.
Qui potremmo un attimo aprire un link (ma tanto quando scrivo non è sempre così? andare qua e là a caso?) e cercare di capire se Bella sia davvero soltanto la "nuova" mente derivante dall'impianto del cervello della sua figlioletta o se comunque il suo corpo abbia ancora traccia di quello che era prima.
Un discorso bellissimo che, appunto, affronterebbe la tematica di Corpo e Anima in un modo anche poco canonico, ovvero quello per cui l'anima possa essere addirittura dentro al solo corpo materiale, presente già in esso (a prescindere da testa e cervello quindi).
Abbiamo sicuramente qualche suggerimento, come Bella che, senza motivo, odia quel bambino che piange a cena (come, ci dicono, odiava anche quello che portava in grembo) o quel venire a conoscenza della sua voluttà sessuale, la sua irrefrenabile voglia di sesso, che era già presente quando era ancora Victoria.
Possiamo avere 3 diverse interpretazioni, per me tutte affascinanti.
O la sua anima, in qualche modo, è "rimasta".
Oppure il corpo, pur privato del cervello, conserva una sua memoria, tipo coda delle lucertole ("La memoria del corpo", chissà se esistono opere con un titolo così, mi sembra molto bello).
Oppure che, semplicemente, la figlia che aveva in grembo, essendo appunto sua figlia e suo stesso dna, abbia alcune caratteristiche della madre, caratteristiche che quindi non potrà vivere in una vita autonoma ma sta adesso rivivendo in quello della madre, che già le possedeva.
Per quel che conta credo che questa sia la possibilità non solo più suggestiva ma anche la più probabile.
Ripenso ad esempio a quando Bella torna sul ponte dove si suicidò.
Ecco, non ho avvertito sensazioni come se volesse ripetere il gesto (quindi opzione A in questo caso un pò traballante) o che il suo corpo abbia avuto qualche sussulto (opzione B).
No, mi è sembrata sì emozionata, ma serena, semplicemente desiderosa di vedere dove la vecchia sè morì.
Essendo comunque, adesso e definitivamente, un'altra sè.


Torniamo al filone principale.
Come dicevo ho avvertito per quasi tutto il film questo racconto, visionario e divertente, i un ciclo della vita, da bambino ad adulto.
Nessun discorso uomo/donna, anzi, quasi un film esistenziale a suo modo, anche se molto molto leggero e fruibile.
Bella scopre tutte le cose dette sopra ma quella che sembra stravolgerla di più è il sesso.
Dapprima con la masturbazione, poi con quello a due.
Bella lo farebbe sempre e comunque e, a differenza della sua mente ancora bambina, può avvero farlo sempre e comunque, trovandosi comunque nel corpo di bellissima ragazza adulta.
Quindi non ha nè il terrore nè lo "schifo" che potrebbe avere un bambino nel pensare di far sesso con un adulto (perchè lei comunque bambina fisicamente non si è mai vista) nè, dall'altra parte, chiunque fa sesso con lei compie niente contro la morale.
Quindi lei è questa, una bambina che scopre una cosa stupenda e che, non essendo bambina nel corpo, può farla sempre e con chi vuole.
Il sesso inizia a diventare tante cose, dapprima il piacere autonomo, poi quello condiviso, poi la scoperta che facendolo si possono anche guadagnare privilegi.
E qui arriva, secondo me, il primo problema del film, anzi, i primi due.
Parigi.